FERREIROS-PALAIS DEL REY
31/07/2002

 

La sofferenza.

 

Chi parte per il Camino, deve mettersi in testa, anche se è un superatlaeta, che ci saranno momenti in cui lo sforzo (Dio per chi è credente), ti mette alla prova. Si può dire che non c'è Camino senza sofferenza, a conferma che si tratta di una rappresentazione della vita di tutti i giorni. Può capitare prima o dopo, ma si può star certi che prove di vario genere si sarà costretti a superarle prima che il Gozo ti mostri le alte guglie che indicano la tomba del Santo. Ma proprio in queste prove che non variano a seconda della durata del Camino o della lunghezza della tappa, si trova la vera essenza del Camino stesso. Prove che ti fanno constatare la solidarietà da parte dei tuoi, ogni giorno diversi, "compagni di viaggio". Che ti costringono a riflettere su tutto quanto si è visto nel Camino, ed anche a guardare con prospettive diverse ciò che ti stà di fronte. Che mettono anche il tuo orgoglio, estremamente umano, a confronto con la realtà trascendente e con il buon senso che la civile società impone. Ma sono queste prove il "sello" più importante che ognuno si porta dietro quando farà ritorno a casa. Un timbro importante che non ti offre alla fine solo un foglio che attesti il tuo pellegrinaggio.

La nostra tappa di oggi inizia, dopo un buon riposo, sotto il cielo stellato della Galizia, che si mostra dopo tante nubi. Fa freddo e tira vento, ma partiamo presto per cercare di evitare la solita corsa a Palais del Rey, per occupare un posto. Un campo mi offre la possibilità di sfogare quello che si rivelerà poi il problema di giornata: la dissenteria. Basta poco qua, con il fisico debilitato dallo sforzo, per essere preda di qualche batterio. Fonti ed uova sono i veicoli di trasmissione più gettonati. Andiamo comunque avanti lungo il continuo saliscendi che coraggiosamente i galleghi chiamano piano. Il sole si è presentato solo alle 7.45 e dopo poco siamo a Portomarin. Un centro carino, arroccato intorno alla sua chiesa-castello ed affacciato su un lungo laghetto, rinomato per i bagni dei pellegrini. Vista l'ora decidiamo di proseguire. Anche a Graziano fa male l'anca, ma il fatto di vedersi scalare i chilometri ci da vigore. La strada prosegue vicino alla Carettera Nacional 551, tra boschi di pini e noccioli. Via via che ci si allontana dalle montagne cantabriche, la Galizia assume parvenze di civiltà, immersa sempre in quella sua malinconia, incrocio tra il "fado" portoghese e le cornamuse dei cugini celti. Un paio di Alti impegnativi ci portano nei pressi di Palais del Rey. Il tempo è cambiato non poco: arriva anche qualche goccia di pioggia. Arriviamo, costeggiando una chiesa all'inizio del paese, all'Albergue del Pellegrino, posto davanti all'Ayuntamiento. Ci dicono che non c'è più posto. Provo ad insistere anche perché mi sento la febbre addosso ed una notte in terra sarebbe letale. La provvidenza di manifesta sotto forma di Pedro, o Pekka, un simpatico anziano finlandese, che vive in Spagna. Scende a dire all'Hospitalera che nella sua stanza si sono liberati due letti. Li prendiamo al volo, dopo che numerosi pellegrini erano stati rispediti indietro. E meglio, sinceramente, non poteva andare, visto che si tratta di una stanza a quattro posti, con bagno privato. La mia giornata, sono le 14.30, si chiude in albergue (donativo libero, bello e pulito, con cucina, lavadora y secadora). Tra numerose corse in bagno, ormai svuotato, tra pasticche di Imodium (che la mamma mi ha prudenzialmente inserito nella piccola farmacia che mi porto dietro) e dello yogurt ai fermenti vivi, consigliato da Pedro, che mi fa, in tarda serata, star meglio e riacquistare fiducia nel giorno dopo. Ho freddo, la febbre alta. Pedro e Tikko, il suo amico finlandese, mi fanno compagnia, molto discreta come tutti i nordici, mentre Graziano si mette nella lunga fila per la lavadora. Pedro mi racconta varie esperienze e mi conferma l'unicità di un Camino che, neanche internet e la globalizzazione, hanno potuto cambiare, almeno nello spirito fondamentale.