SANTO DOMINGO DE LA CALZADA-VILLAFRANCA MONTES DE OCA
18/07/2002

 

1.100.000 passi.

 

Li ho contati uno ad uno. No, non è vero. Ma se i conti tornano, alla fine del nostro Camino saranno i passi che avremo messo uno dietro l'altro. I numeri contano solo fino ad un certo punto, ma spesso aiutano a capire. Chi quest'esperienza non l'ha vissuta, capirà dunque che con tanto "dispendio di energie e con così tanto tempo a disposizione", l'occasione per guardarsi intorno, per riflettere, insieme al sudore ed alla soddisfazione non manca. Ogni passo è diverso, è diverso chi lo compie e, soprattutto, si diversifica dal 1.100.000 passi che gli altri pellegrini compiono. Col sole o con la pioggia, con la neve o con il vento. Cercando qualcosa o scappando da qualcun'altra.

La tappa di oggi è iniziata presto, nel silenzio di Santo Domingo. Il sole ci raggiunge all'uscita del paese. La strada viaggia parallela alla Nazionale, in un continuo sali e scendi, che è ormai diventato un tormentone ed al quale i pellegrini si vanno, dopo diversi giorni, ormai assuefacendo. Superati diversi pellegrini siamo presto a Granon, dove facciamo una ricca colazione e vediamo la "comune-rifugio" posta dietro alla chiesa. La gente è sempre molto gentile e ci chiede di portare una preghiera al Senor Santiago. Dopo pochi chilometri lasciamo La Rioja, per entrare in Castilla, nella provincia di Burgos. Il caldo ci aspetta, almeno così tutti ci hanno detto. La strada si è appianata ed è larga, l'ideale per camminarci. Redecilla ci accoglie, ma la superiamo puntando decisamente su Belorado. Con scorta d'acqua e con doverosa crema spalmata contro il sole, affrontiamo le grandi distese di grano che solo il colore della terra, che appena si intravede, rende vario. La strada non si stacca quasi mai dalla Nazionale. Belorado è cadente, come gli altri paesi della zona, ma ci attende con un caffè caldo (ci sono due alberghi, il secondo, "dei due cantoni", appare migliore anche se forse un po' più caro). Mangiamo e ci riposiamo in un parco che si svuota rapidamente solo alle 2, quando la gente va a pranzo, rimanendo terreno di pellegrini, abbandonati qua e la sulle panchine al fresco. Ci saluta un ciclista di Pordenone, altri ci chiedono come stiamo: il bello qui è che c'è sempre una parola di conforto per tutti, anche da chi, in quel momento, sta peggio di te. Nonostante faccia un caldo notevole, e quindi aspettare appaia la scelta più intelligente, decidiamo di ripartire presto per Villafranca Montes de Oca, visto che in questa piccola località il rifugio non deve avere molti posti. Da 750 metri saliamo ad oltre 900, lungo un altipiano coperto da grano in cui paesi "spettrali", quali Espinosa del Camino, ci servono solo per prendere fiato e riempire le borracce. Pur salendo i Monti dell'Oca, il caldo resta molto intenso e solo il sistema d'irrigazione dei campi ci consente di refrigerarsi. Fortuna che la sagoma della chiesa di Villafranca, robusta e fiera, ci appare non lontanissima, lungo la strada, molto trafficata da camion, che porta ai piedi del Passo di Pedraja a quota 1150 metri, che domani ci toccherà "scalare". Scopriamo che il rifugio (tutto gratuito, con doccia, cucina se hai le pentole e lavatoio) alle spalle della chiesa, altro non è che una tendopoli organizzata dalla Junta de Castilla y Leon, gestito da volontarie simpatiche e molto gentili, che hanno deciso di dedicare parte della propria estate al servizio degli altri. Facciamo conoscenza con Claudio, un simpatico quarantenne torinese, che divide con noi la tenda da tre posti e con me una vescica sotto il mignolo che puntualmente curiamo con ago e filo. Con lui andiamo a cena alla Meson Alba, con specialità locali veramente gustose, a prezzi bassi e con un servizio gentilissimo. Un cielo stellato, che l'atmosfera campestre ti fa apprezzare ancora di più, ci fa piacevole compagnia. Questo ci mancava. Anche se fa un po' freddo, dopo il tramonto del sole, siamo contenti così!