ZUBIRI-PUENTE LA REINA
13/07/2002

 

Il vento.

 

E' lui il nostro più fidato compagno di questo inizio di viaggio. Più dei pellegrini, che abbiamo incontrato solo prima di pranzo (soprattutto donne); più del sole, di cui ci siamo accorti solo alla sera; più degli abiti bianchi e rossi in onore di San Firmino. Il vento che ci ha soffiato a lungo alle spalle, tenendo lontano la pioggia del mattino e che insieme al sole ed alla storia sembra aver scolpito chi abita queste zone. Che spazza il cielo cambiandolo continuamente: come il Mugello, come l'Irlanda, come la Bretagna. Sarà un caso, ma questo conferma la mia teoria: tra tutti questi posti, "ultime province dell'impero", ci sono tanti punti in comune; prime fra tutte le persone, cocciute ma gentili, oneste ma diffidenti, pronte a divertirsi o ad affondare in un'unica eterna "saudade".

La tappa è iniziata alle 6.30, con una partenza tra le piante ed un continuo saliscendi che, fortunatamente, appare più lieve di quello di ieri. Qualche goccia di pioggia ci annaffia e ci fa temere il peggio. Ma sono solo nuvole passeggere. I sentieri sono abbastanza agevoli, almeno per chi va a piedi e ci consentono di arrivare abbastanzarapidamente a Pamplona, in quello che dovrebbe essere il nostro obiettivo giornaliero. L'idea è di vedere la fine della festa di S.Firmin. Arrivando a Villoria, dopo aver oltrepassato il bel ponte di Arre, vediamo famiglie che arrivano numerose, nei costumi tradizionali. Si può ben sperare: folcklore, canti e, magari, l'occasione di assaggiare le locali specialità a prezzi abbordabili. Ma qui arriva la sorpresa negativa: intorno a Pamplona molti reduci della sbronza della sera precedente dormono riversi nei prati, cosa che ci insospettisce. L'ingrasso nel centro è traumatico: vie invase da punk e sbandati, tra odore canne e puzza di piscio e vomito, musica hard rock e bottiglie rotte. Molti ci irridono, altri ci guardano male: non si tratta di essere schizzinosi o di aver paura, ma capiamo che non è l'ambiente che fa per noi. Continuiamo nel giro, e visitata un po' più attentamente Pamplona, che in alcuni quartieri è meno drammatica ma sempre scortese, decidiamo che la nostra tappa si concluderà più avanti. Trovato qualcosa in fretta e furia, se non si va a ristorante per mangiare si spende veramente poco, ci siamo messi a mangiare presso il locale albergo del pellegrino (bella struttura quasi all'uscita della città, dove si dorme in una palestra attrezzatissima, 100 posti) dove un signore gentilissimo, oltre al sello, ci fa dono di notizie, carte e ci permette di usare i bagni. Dopo un riposino, con un vento freddo che ti gela e con qualche acciacchino a spalle e caviglie, dovute all'affaticamento iniziale, decidiamo di partire per Puente la Reina. Superiamo di slancio Cizur Menor, dove un rifugio gestito dall'ordine di Malta ci da gentilmente da bere, il sello, ed è l'ultimo posto dove dormire prima di Puente la Reina. Andare avanti, altri 20 km, è una follia, ma ormai… La strada sale tra grandi distese di grano, stile quelle che si vedono nelle pubblicità, in direzione di un passo, l'Alto del Perdon, sormontato da numerose eliche di una centrale eolica, che solo alla lontana evocano i mulini a vento della Mancha, contro i quali si scagliava Don Chischotte. Il vento è quasi freddo e muove il grano dandogli voce: camminando nel silenzio e nella solitudine come ci capita, può sembrare retorica, ma chiudendo gli occhi sembra quasi che i vecchi pellegrini ci raccontino la loro storia. A circa due chilometri dalla vetta dell'impervia salita, un piccolo borgo con una bella chiesetta, offre l'unica fontana di un lungo tratto. Raggiunta a fatica la vetta e riposatici, osservando il brutto monumento al pellegrino realizzato, ci buttiamo giù una ancor più ripida discesa, molto sconnessa. Urtega e Obanos offrono acqua, belle chiese romaniche e nell'ultimo caso ci offrono un dubbio. Cosa viene realizzato nella piazza allestita con tribune e ricoperta di sabbia? Di qui a Puente la Reina ci sono due chilometri di quasi discesa che solo le nostre ormai precarie condizioni (io continuo ad avere dei leggeri dolori a spalle e caviglia, Graziano è cotto), non ci permettono di fare volando. Puente la Reina ci si presenta con la bella e rocciosa chiesa e con un Albergo del Pellegrino (3 Ä, doccia cucina e puliti cameroni da 8-10) che ci fanno riprendere abbastanza bene. Rapida cenetta in un paese distratto dalla corrida che la gente guarda in televisione con specialità tipiche e la convinzione di aver tirato un po' troppo la corda. Tornare all'albergo è un calvario. Domani dovremo prenderla più calma. La morale della giornata è non affidare ai giovani le tradizioni, almeno che non le attuino alla lettera.