HOSPITAL DE ORBIGO-RABANAL DEL CAMINO
26/07/2002

 

Il pessimismo.

 

Si tratta del peggior nemico del pellegrino. Più della tendinite, più delle vesciche, più del sole e della stanchezza. Ed è tremendo perché non sai quando può arrivare, giunge e ti prende senza preavviso alcuno. Tutto sembra più nero, il tunnel sembra di colpo allungarsi ed anche la cosa più semplice appare una montagna insormontabile. Non si spiega come mai. Per quanto mi riguarda, io sono abbastanza lunatico e quindi gli sbalzi di umore sono abbastanza normali. Ma la cosa la vedo abbastanza diffusa, presente in pellegrini di ogni origine, razza ed età. Ma quello che è bello è che nell'unità, nelle difficoltà stesse, ognuno trova la forza di non mollare, di stringere i denti e quindi ritrovare, in un sorriso altrui, quell'entusiasmo e quella carica per sorridere anche nei momenti peggiori ed a vedere la luce, infondo al buio, spalancarsi sempre più. Una lezione da esportare anche al di fuori del Camino, dove spesso ci abbattiamo per niente e ci lasciamo cadere in una specie di catalessi.

La tappa di oggi comincia prestissimo. Ricca colazione e partenza a buio pesto visto che i chilometri sono abbastanza e nel mezzo vorremmo visitare Astorga. Dopo un paio di paesini semideserti ed una strada fastidiosa solo per i numerosi sassi che rendono un martirio ogni passo, giungiamo ad Astorga, placidamente arrampicata su di un cucuzzolo che rende ancora più imponenti le robuste torri della sua cattedrale. Come in tutte le città un po' più grandi, i segnali sono pochi e mal messi, ma riusciamo comunque a vedere i resti romani ed il bell'edificio dell'Ayuntamiento. La piazza principale, che raggiungiamo dopo aver fatto la spesa (consigliabile vista la qualità dei negozi e che nei paesi seguenti si trova poco e nulla) si apre all'improvviso. La cattedrale è significativa, maestosa quanto curata nei dettagli, con i diversi colori della roccia con la quale è realizzata. Davanti ad essa il palazzo vescovile costruito da Gaudi è stato trasformato nel museo dei Camini (2,50 Ä, ma pur non avendolo visitato non lo consiglio perché da l'impressione di una cosa molto turistica e poco significativa). All'interno della cattedrale bellissimo è il coro centrale, tutto in legno intarsiato, preso d'assalto dai numerosi turisti. Ripartiamo lungo le solite montagne russe. Cercheremo di fare più chilometri possibile per risparmiarceli nel pomeriggio. Anche se non sembra la strada sale progressivamente. Intorno la vegetazione cambia, più rara in un piano di terra incredibilmente rossa, in cui il Camino è una via lattea bianca. Una sorta di macchia mediterranea ci circonda malgrado siamo a più di 1.000 metri. Arriviamo a Santa Catilina de Somoza. Paese carino con albergue. Non abbiamo acqua e ci fermiamo in un bar a comprare una bottiglia. Gli occhi da cerbiatta di una bellissima tedesca che non ce la fa più a camminare e le sue parole gentili sono un invito a restare. Siamo nel Camino ma davanti ad una simile bellezza…..lo spirito è forte ma la carne è debole. Scherzi a parte dobbiamo continuare. Dopo un pranzo veloce e l'occasione di chiudere 10 minuti gli occhi, ripartiamo sfidando il gran caldo. La strada continua a salire progressivamente.. Non va bene. Stasera non ho birra ma stringo i denti. Non so sinceramente come fare a camminare. Passiamo El Ganso, che dovrebbe offrire un rifugio che non troviamo, e dopo un po' di sentiero, la strada ci porta lungo uno stretto manto d'asfalto, poco trafficato, che sale fino a Rabanal del Camino. Fantastichiamo su quale sia la Cruz de Hierro, che ci toccherà affrontare domani. Non sono molto su, anzi. Ho appena cominciato a scrivere qualche appunto che Paolo, che abbiamo ritrovato presso l'Albergue gestito dai tedeschi (donativo libero, molto carino, con una cucina fornitissima e pulita) mi dice che nella chiesetta accanto, c'è la possibilità di seguire i vespri cantati in latino. Incuriosito, anche se stanco, vado. L'esperienza è bellissima; basta chiudere gli occhi nella chiesa spoglia, rattoppata in alcuni punti, che tra incenso e canti gregoriani sembra di tornare ai tempi dei primi cristiani. L'abate dice una cosa fondamentale, che mi restituisce spirito e forza per continuare: noi pellegrini siamo uomini di speranza. Speranza nostra di arrivare alla meta, speranza che doniamo a chi ci vede passare. Si tratta di una cosa cu cui rifletto da diversi giorni. Sono d'accordissimo. Anche noi, nel nostro piccolo, siamo insigniti di una missione, di uno spirito di testimonianza. E lo spirito con cui questo si fa è fondamentale, come lo è per noi la presenza della gente e delle chiese che testimoniano la presenza di qualcosa che ci è superiore. Esco molto sollevato. Sono di nuovo pronto a camminare e ….fino al prossimo sbalzo d'umore, a sopportare le difficoltà. Una cena frugale lascia rapidamente il posto a due chiacchiere con gli altri pellegrini. Nel frattempo un gruppo di francesi canta al suono di una chitarra ai piedi di un pero concludendo piacevolmente una serata riaccesasi di colpo.