BOADILLA DEL CAMINO-CALZADILLA DE LA CUEZA
22/07/2002

 

Il giallo.

 

E' lui il colore principe del Camino. Nelle sue varie tonalità il giallo riesce a far brillare la strada verso San Giacomo. Gialle sono le frecce e le conchiglie che indicano il Camino, giallo il grano che per gran parte lo circonda; gialli ancora i girasoli che sembrano salutarti al passaggio. Ma anche l'oro degli altari delle chiese, dei piedi dopo giorni di Camino, dei grandi meloni che vendono le bancarelle, delle bandiere spagnole che troneggiano qua e là. E giallo, seppur sbiadito, è il sole che ti fa scoppiare con il suo calore, ma che ti guida e ti illumina. Un colore preponderante dunque, nel caleidoscopio di questo Camino. Un colore solare che ti porta avanti ma che, come il giallo dei semafori, ti invita a fare grande attenzione alle numerose insidie che si incontrano strada facendo.

La tappa è iniziata nel vento di Boadilla, con la strada che in piano, zigzagando intorno al Canal de Castilla, ti conduce fino a Fromista, uno dei centri principali della zona, grosso centro agricolo, ma dotato di una chiesa significativa ed estremamente fine. Graziano ha delle difficoltà con il Bancomat e decide di aspettare l'orario di apertura delle banche. Sinceramente non lo capisco, ma non voglio fare il professore e creare una polemica: potevo prestargli i soldi fino a quando un Bancomat non avesse funzionato, ma sul discorso soldi questi lombardi…..fanno lasciati in pace. Così perdiamo la possibilità di camminare con il fresco e di fare strada. Ma ho voglia di fare tutto fuorché iniziare una discussione e così mi avvio anche perché, conoscendo il mio caratteraccio, in questo modo mi tolgo dalla tentazione di dire qualcosa di sconveniente. La strada prosegue ancora una volta lungo un ampia pianura, in mezzo al grano. A Villarmentero si riprende la Nazionale che mi conduce fino a Villalcazar de Sirga. Il paese, nel quale la sera prima ci deve essere stata una festa, merita uno stop. La sua chiesa, alta sopra una monumentale scalinata, è veramente bellissima e, anche per dar tempo a Graziano di recuperare, va visitata minuziosamente. Quindi è il momento di ripartire in direzione di Carillon del los Condes. Due cartelli che indicano Santiago ci inquietano un po': ad uno mancano 465 chilometri, ad un altro 375: troppo e poco secondo i nostri calcoli. Non è difficile capire che speriamo nel secondo. La strada corre parallela a la Carretera National e poco prima del paese, meta di numerosi turisti, sale nell'unica asperità rilevante della giornata. Fatta una breve sosta al monastero delle Clarisse, mi fermo davanti alla chiesa principale, lungo il Camino, mangiando in attesa del lombardo disperso. Nel frattempo faccio due incontri singolari: una barbuto francese mi invita a pranzare accanto a lui. Si tratta di un bretone, partito dal suo paese il 4 marzo che è quasi a 2000 chilometri. Poco dopo un anziano signore con tanto di coppola, mi chiama a sé. "Senor, peregrino!! Vieni qui, perché tu sei un vero pellegrino, non gli latri." L'aspetto effettivamente è quello, ed estremamente orgoglioso mi avvicino. Mi offre una conchiglia, che mi dice essere cubana, mi da un suo biglietto con il suo nome e, saputo che mia nonna è sua coetanea, mi da un'altra conchiglia chiedendomi di portargliela e chiedendo una preghiera per lui. Quindi, ringraziatomi ed indicatomi il Camino sparisce rapido come era arrivato. Sono le 14.30 quando lascio la bella Carillon. Faccio scorta di acqua ad un distributore perché il caldo è notevole ed i 17 chilometri fino a Calzadilla, esclusi in parte i primi 4-5, sono di una piattezza e di un solitario esasperante. Il niente avanti, dietro, ai lati, senza vedere una casa od un campanile. Tanto grano e qualche albero. In questo deserto incontro Fabrizio e Carla, due romani in bici con cui scambiamo due chiacchiere e con cui ci diamo appuntamento alla Maratona del Mugello che da anni vengono a fare. Un gruppo di tedeschi scesi improvvisamente da un pulmann a l'unica intersezione con l'asfalto di tutto il tratto e che fanno il mio percorso, scarico di pesi, mi spinge, anche per orgoglio, ad aumentare il mio ritmo, finora a dir poco blando. Comincio a sperare che Graziano abbia sbagliato strada e mi sia davanti. Comunque…che bischero per fare un Bancomat!!!! Passo i tedeschi ed all'improvviso, lontano, comincia a delinearsi il campanile di Calzadilla de la Cuesa. Nel frattempo tira vento forte ed il cielo si è fatto buio: potrebbe piovere da un momento all'altro. Arrivo all'Albergue dopo 41 chilometri, stanco ma con lo spirito di chi ha appena vinto una tappa dolomitica al Giro. Ed ecco Graziano, che come ipotizzato ha sbagliato strada a Carillon ed ha praticamente fatto una corsa per riprendermi quando era già davanti. E' esausto ma, infondo, tutto è bene ciò che finisce bene. Ritroviamo anche Loredana che con l'aiuto di qualche autobus ha saltato alcune tappe e ci ha raggiunto. L'albergue (4 Ä ,carino anche se non grande, con possibilità di lavadora y secadora) è gestito da un simpatico e disponibile hospitalero che si diletta nel curare, come missione dice lui, i piedi e le vesciche dei pellegrini. Molti ne approfittano, io, con tutto il rispetto, preferisco fare da me. Un bel pediluvio, mentre fuori comincia a piovere e quindi a mangiare, insieme con tutti gli altri pellegrini. Quando usciamo dal vicino ristorante le strade del piccolo paesino sperduto nella meseta sono un autentico lago. Speriamo bene per domani. Non resta che andare a letto e sinceramente ce né proprio bisogno.